IL GIOCO DELLA TORTURA: BOIA VS CANARO

Nell’episodio 26 del podcast, Stefano presenta un parallelo fra due personaggi italiani che in comune hanno avuto la passione per la tortura. Luciano Luberti e Pietro de Negri.

LUCIANO LUBERTI

Luciano nacque il 25 aprile del 1921 e ha onorato il nostro fiero paese combattendo col caratteristico orgoglio italico durante seconda guerra mondiale! Iniziò a lavorare come traduttore presso il tribunale di Albenga, dove la maggior parte dei processi si concludevano con una condanna a morte.

Il Canaro della Magliana e il Boia di Albenga

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LA VOCAZIONE

L’impiego da traduttore non doveva essere molto avvincente. Puntò quindi al ruolo di boia passando le sue giornate allineando prigionieri lungo il fiume per giustiziarli.

Tirava via unghie e denti, cavava occhi e tagliava capezzoli. Amava torturare in vari modi, ma degno di nota era l’uso che faceva delle bottiglie di gassosa infilate a calci dove non batte il sole. Arrivò ad uccidere una sessantina di partigiani e civili, diventato famoso come il Boia di Albenga. 

ERA MEGLIO DI NO

A guerra finita tentò la fuga prima in Germania e poi nella legione straniera. Fu però riconosciuto e arrestato da un poliziotto che si era arruolato proprio per questo scopo. Luberti gli aveva infatti torturato e ucciso il fratello partigiano.

Durante il processo fu accusato dell’uccisione di più di 200 persone, lui però disse che le sue vittime ammontavano ad almeno 300. Per mancanza di prove fu condannato solo per la sessantina di cadaveri trovati vicino al tribunale. Qualche anno dopo, fra infermità mentale ed amnistia, tornò ad essere un uomo libero.  

PIETRO DE NEGRI

Pietro aveva un amicone, Giancarlo Ricci, un ex pugile che gli forniva la cocaina e con cui si dilettava in piccoli crimini. Giancarlo Ricci era il classico bullo. In un episodio aveva rubato lo stereo a de Negro, e per restituirglielo pretese il pagamento di 200 mila lire. Un vero burlone.  

Insieme all’amicone Ricci compiva anche rapine e, a seguito di una di queste, venne arrestato mentre il compare rimase lontano da ogni accusa e se la spassò spendendo tutto il bottino. 

QUANDO IL BULLO DIVENTA CANE

Quando Pietro fu liberato e venuto a sapere dell’atteggiamento scorretto del compare ricci, nel febbraio del 1988, lo attirò nel suo negozio e lo uccise. La polizia quando ritrovò il cadavere scrisse di “inquietanti mutilazioni” e di “un’evidente apertura del cranio, lunga circa 10 centimetri”. 

UN VERO CINOFILO

Pietro de Negri confessò di aver chiuso Ricci in una gabbia e di averlo torturato per ore. Disse di avergli tagliato dita, naso, orecchie e genitali. In una dichiarazione spiegò. “Volevo far rassomigliare la sua faccia a quella di un cane e così gli ho anche tagliato le orecchie come facevo ai dobermann” .

L’autopsia smentì questa versione. Infatti Ricci morì in meno di un’ora a seguito di una decina di martellate. Tutte queste mutilazioni sono state fatte post mortem. 

CONCLUSIONI INCONCLUDENTI

Totalmente diverso era Luciano Luberti, il Boia di Albenga. E’ vero che, trovandosi in un tribunale nazista, era legittimato a infierire sulle sue vittime, ma la cattiveria con cui lo faceva era innata. Era un sadico che provava piacere nel causare sofferenza.

Il dubbio c’è solo sul fatto che fosse un meno un sadico sessuale, ovvero che provasse anche eccitazione sessuale. Stuprava, è vero, ma non sappiamo se lo faceva per eccitarsi o soltanto per umiliare le vittime. 

Il canaro invece, nonostante odiasse profondamente la sua vittima, ha principalmente infierito sul cadavere. Sicuramente la cocaina lo aiutò a generare questo delirio, ma comunque non è riuscito a spingersi al livello di Luciano Luberti. Forse, in fondo, era una brava persona… o anche no, ma l’idea che ci fosse una morale era allettante.

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