ANGELO IZZO E IL MASSACRO DEL CIRCEO

Quella del massacro del Circeo è una storia claustrofobica e cruda, al punto tale da far perdere la fiducia nel genere umano. Parla di violenza su giovani donne e violenza, in questo caso, non è un eufemismo.

AMABILI PESTI

Andrea Ghira, figlio di un ex campione olimpico di pallanuoto, e Angelo Izzo, studente di medicina, erano due ventenni romani, figli di famiglie benestanti e annoiati dalla vita agiata. Alla fine degli anni ‘60 entrarono a far parte della Giovane Italia, un movimento studentesco legato all’MSI. Furono espulsi poco dopo perché usavano il cortile della sezione come magazzino per motorini rubati.

Angelo Izzo - I Massacri del Circeo e di Ferrazzano

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Rimasero però legati ai movimenti dell’estrema destra romana e presero parte a manifestazioni sediziose, rapine e furti. Fu proprio per rapina che, nel 1973, vennero entrambi condannati a 20 mesi di carcere.

Angelo Izzo aveva la passione per il sesso violento e partecipava spesso a festini a base di droghe, in cui si svolgevano dibattiti politici e divertimenti di vario tipo. Fu accusato dello stupro di due giovani ragazze e condannato a due anni e mezzo con la condizionale.

IL MASSACRO DEL CIRCEO

Era il settembre del 1975 quando Angelo, ancora in libertà condizionale, e il suo amico Giovanni Guido, detto Gianni, conobbero due ragazze: Rosaria Lopez, una barista 19enne, e Donatella Colasanti, studentessa di 17 anni.

Dopo un piacevole pomeriggio passato in un bar all’EUR, i due giovani proposero alle ragazze di rivedersi per un secondo appuntamento. Angelo e Giovanni si erano mostrati simpatici e garbati, non c’era motivo per rifiutare un secondo incontro. Qualche giorno dopo decisero di fare una gita a Lavinio dove un loro amico stava dando una festa. In realtà, i due portarono le ragazze a Villa Moresca, una villa di proprietà di Andrea Ghira situata su un promontorio a San Felice Circeo.

Una volta in casa, dopo qualche chiacchiera e un pò di musica, Angelo e Gianni cominciarono a infastidirle con avances sempre più esplicite. In seguito ai continui rifiuti delle ragazze, Gianni tirò fuori una pistola e le minacciò raccontando di far parte del Clan dei Marsigliesi e che il loro capo, Jarques, le desiderava. Poco dopo, arrivò Andrea Ghira e cominciarono una serie interminabile di violenze durate ben 35 ore. Rosaria e Donatella vennero ripetutamente violentate, torturate, drogate e denigrate con tutto l’odio misogino che quegli animali avevano da vendere. Rosaria venne trascinata nel bagno e affogata nella vasca. Subito dopo i tre tornarono ad infierire su Donatella, la colpirono alla testa con il calcio della pistola e tentarono di strangolarla con una cinghia. In quel momento la ragazza capì che la sua unica speranza di sopravvivere era di fingersi morta. Per sua fortuna, i tre abboccarono e la chiusero nel portabagagli della fiat 127 di Gianni, insieme al cadavere di Rosaria.

I tre decisero quindi di andare a cena come se nulla fosse. Si fermano in un ristorante continuando la loro serata di baldorie che terminò in una rissa con due militanti comunisti.Ancora viva, Donatella trovò la forza e il coraggio di chiedere aiuto e, fortunatamente, le sue grida vennero sentite da un metronotte che avvertì subito i carabinieri. Più tardi racconterà l’intera vicenda: «Quando mi sveglio sento uno che mi tiene al petto con un piede e che dice: “Questa non vuole proprio morire”, e giù a colpirmi in testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta, e l’ho fatto».

L’ARRESTO

Angelo Izzo e Gianni Guido vennero arrestati poche ore dopo; Andrea Ghira riuscì invece a fuggire in Spagna dove si arruolò sotto falso nome nella legione straniera. Furono tutti e tre condannati all’ergastolo, anche se Ghira solo in contumacia.

Nel 1977 Angelo e Gianni tentarono di evadere prendendo in ostaggio una guardia carceraria, ma il tentativo fallì. Tre anni dopo Gianni, dopo essersi dichiarato pentito e aver proposto un risarcimento alla famiglia di Rosaria Lopez, ottenne uno sconto di pena. Non contento, nell’81 riuscì finalmente ad evadere, ma fu arrestato due anni dopo a Buenos Aires. In seguito si ammalò di epatite e nell’85 scappò dall’ospedale. Alla fine fu arrestato di nuovo a Panama nel ‘94 ed estradato in Italia fino al 2008, quando venne liberato. L’amico Izzo, invece, scappò solo una volta nel ‘93, ma anche lui fu catturato poco dopo. Nel ‘98, durante un’intervista, si dichiarò pentito per quello che aveva fatto e per aver considerato le donne come dei “pezzi di carne”. Convincendo tutti del suo cambiamento, nel 2004 ottenne la semilibertà.

A CAVAL DONATO NON SI GUARDA IN BOCCA: IL MASSACRO DI FERRAZZANO

Angelo aveva conosciuto in carcere l’ex boss mafioso Giovanni Maiorano che gli chiese di avvicinare la moglie Maria Carmela e la figlia Valentina, appena 12enne, per prendersene cura…  e lo fece! Nell’aprile del 2005 le fece fuori entrambe.

Mentre gironzolavano in auto, insieme a Luca Palaia e un borsone pieno di armi e documenti falsi, passarono a prendere Maria Carmela e Valentina e le portarono in un casale vicino Ferrazzano. La casa era di un certo Guido Palladino, un altro amico di Angelo. Per prima cosa ammanettò e imbavagliò la madre, le mise un sacchetto in testa e la soffocò sedendocisi sopra e stringendola al collo con un laccio emostatico. Il medico legale dichiarò che un piccolo spiraglio d’aria prolungò la sua agonia per 5 interminabili minuti. Valentina fu più fortunata, morì subito. Vennero seppellite in giardino sotto uno strato di terra e calce, avvolte in sacchetti di plastica e con mani e piedi ancora legati.

Palladino fu condannato a soli tre anni, visto che non aveva effettivamente preso parte all’omicidio. Palaia invece fu condannato a 24 anni. Attualmente Angelo Izzo sta scontando due ergastoli… fino al prossimo permesso premio. Nel frattempo si è dedicato alla scrittura e nel 2010 si è sposato con la giornalista Donatella Papi, fermamente convinta dell’innocenza di Angelo. Meno di due anni dopo, i due piccioncini hanno divorziato. 

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