IL CURIOSO CASO O.J. SIMPSON, LA SCUSA DELL’UOMO NERO
13 giugno 1993, Nicole Brown, modella ed ex moglie del giocatore di football O.J. Simpson, viene trovata accasciata al suolo sotto le scale di casa sua a Brentwood, in una pozza di sangue. Vicino a lei c’è Ronald Lyle Goldman, a cui toccò la stessa sorte.
Il primo sospettato del duplice omicidio fu proprio l’ex marito O.J. Simpson, che la sera stessa prese un aereo alle 23.45 diretto a Chicago.
Dopo una serie infinita di telefonate viene raggiunto ed arrestato, ma rilasciato subito dalle autorità per mancanza di prove, anche se non servì molto tempo alle autorità per trovarle. Robert Shapiro, avvocato e amico di O.J. venne contattato e informato della precaria situazione del suo cliente.

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Al fine di rendere le cose semplici venne intimato all’ex giocatore di football di presentarsi entro le 11 del 15 giugno 1993 per essere arrestato nuovamente e processato. Ovviamente Simpson non ha alcuna intenzione di arrendersi e scappa con la sua Bronco Bianco insieme all’amico Al Cowlings, scatenando uno degli inseguimenti più famosi d’america.
Fu lo stesso Al a convincere l’amico di costituirsi dicendogli che se era innocente non sarebbe mai stato incarcerato, anche se la polizia americana ha sempre un occhio di riguardo nei confronti degli afroamericani.
La Bronco Bianca cambiò direzione per riportare il sospettato nella sua abitazione dove c’è l’intera polizia di Los Angeles, qualche giornalista e i suoi amici e avvocati Robert Kardashian E Shapiro.
COMINCIANO LE DANZE: IL PROCESSO
L’accusa fu rappresentata da Marcia Clark, e Christopher Darder, mentre la difesa rispecchiava più lo squadrone della morte che un plotone di avvocati. C’è Shapiro, Kardashian, Johnnie Cochran, più altri 5 tra cui due esperti di dna.
L’accusa basò la sua arringa su prove schiaccianti come dei guanti insanguinati, un berretto nero, tracce di sangue sulla bronco bianca di O.J., delle impronte di scarpe sulla scena del crimine e il comportamento controverso dello stesso imputato. La difesa invece giocò tutte le sue carte puntando alla discriminazione razziale.
Chi fece l’ago della bilancia fu Mark Fuhrman, detective del caso Simpson con precedenti a sfondo razzista, che venne accusato di aver piazzato delle prove false per incastrarlo.
Altro fatto che determinò la scarcerazione dell’imputato fu orchestrato indirettamente dal giovane Darder, l’avvocato dell’accusa che impose la prova dei guanti rinvenuti sulla scena del crimine, sicuro che quella era la prova che lo avrebbe incastrato. I guanti non gli entrano ed è qui che Cochran pronuncia la frase che influenzò la giuria “se non gli entrano lo dovete assolvere”, fino al verdetto di non colpevole.
NON FINISCE QUI
Le famiglie Brown e Goldman lo portarono davanti un tribunale civile dove venne dichiarato colpevole ponendo una cifra di 67 milioni di dollari come risarcimento.
E’ qui che O.J. decide di scrivere un libro, “If i did it”, che spiegava cosa sarebbe successo se fosse stato veramente lui a commettere quel duplice omicidio.
Ma cosa successe in seguito?
Ad oggi dove si trova O.J.?
Quali altre stranezze accaddero a questo processo che ancora oggi non sono state chiarite del tutto?
Se sei curioso di sapere le svariate pieghe che ha preso questo processo rendendolo uno dei più famosi d’America, ascolta l’episodio “Il curioso caso O.J. Simpson” del nostro podcast!
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